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L’infanzia di Mosè

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La versione inizia con:

Mulier Hebraea peperit filium, quem…

La versione termina con:

…idest “servatum ab aquis”

Traduzione

Una donna ebrea diede alla luce un figlio, che volle salvare, poiché vide (che era) bello.

Perciò lo nascose per tre mesi, ma, non potendo celarlo più a lungo, prese una cesta di vimini, che spalmò di bitume e di pece.

Poi pose all’interno il bambinello e lo espose1 tra le canne della riva del fiume.

Insieme a lei c’era (letteralmente aveva con sé come compagna) la sorella del bambino, che stava lontano per controllare la riuscita dell’impresa.

Successivamente la figlia del faraone giunse al fiume per lavare il corpo.

Vide la cesta che era attaccata alle canne e mandò lì una delle proprie serve.

Dopo che ebbe aperto la cesta ed ebbe visto il bambino che vagiva, ebbe pietà di quello.

“Questo” disse “è uno degli infanti degli Ebrei”.

Allora la sorella del bambino, avvicinandosi, disse: “Vuoi che chiami una donna ebrea, affinché nutra il piccolino?”.

E chiamò la madre.

La figlia del faraone le diede il bambino, affinché lo nutrisse, e (le) promise un compenso.

E così la madre nutrì il bambino e lo restituì cresciuto alla figlia del faraone, che lo adottò e lo chiamò Mosè, cioè “salvate dalle acque”.

1 Nell’antichità esporre un neonato significava abbandonarlo.