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Storie di cani (Gymnasion 1)

Traduzione della versione Storie di cani di Esopo del libro Gymnasion 1:

Un fabbro aveva un cagnolino.

Mentre egli lavorava il metallo, il cagnolino si addormentava e dormiva profondamente; poi, mentre il padrone mangiava, si svegliava e chiedeva il cibo facendo le feste (letteralmente scodinzolando la coda).

Il fabbro, gettandogli un osso, disse: “Oh sciagurato cagnolino sonnolento, per quale motivo, quando batto l’incudine, dormi e nulla ti sveglia, mentre invece, quando è il momento di mangiare, ti svegli subito e mi fai le feste?”.

Il cagnolino rispose: “Non biasimare me, oh padrone, ma te stesso, che non mi hai insegnato a fare nulla.”

Un tale che aveva due cani ne addestrava uno portandolo a caccia con sé, mentre invece faceva dell’altro un cane da guardia (letteralmente rendeva l’altro da guardia) lasciandolo a casa.

Quando il cane da caccia, uscendo a caccia, catturava qualche preda (letteralmente qualcosa), il padrone ne dava una parte anche all’altro.

Poiché quello da caccia si adirava e rimproverava l’altro, dato che senza fare nulla2 viveva mollemente grazie alle sue3fatiche, quello disse: “Orbene, non biasimare me, ma il padrone, che non mi ha insegnato a faticare, ma a mangiare sfruttando le fatiche altrui”.

Letteralmente ἐκ τούτου significa “da questo” (è riferito al precedente τι).

Letteralmente “poiché non facendo nulla”, ma la traduzione riportata sopra sta meglio.

Le fatiche del cane da caccia (se fossero le fatiche del cane da guardia, dovremmo usare “proprie”).