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Tacito

Publio (o forse Gaio) Cornelio Tacito nacque attorno al 55 d.C. da una famiglia probabilmente equestre a Terni o nella Gallia narbonese.

Dopo essersi trasferito a Roma per gli studi di retorica, sposò nel 78 d.C. Giulia Agricola, figlia del prestigioso comandante militare Gneo Giulio Agricola.

Durante l’impero di Vespasiano intraprese la carriera politica, che portò avanti sotto Tito e sotto Domiziano, ricoprendo svariate cariche pubbliche (fu ad esempio membro del collegio sacerdotale dei quindecemviri); nel 100 d.C. sostenne inoltre con l’amico Plinio il giovane l’accusa di corruzione contro l’ex governatore d’Africa Mario Prisco, che alla fine fu condannato all’esilio.

Fu in seguito proconsole d’Asia e morì nel 117 d.C. poco dopo l’inizio dell’impero Adriano.

Opere

Le opere attribuite a Tacito sono le seguenti:

  • Dialogus de oratoribus
  • Agricola
  • Germania
  • Historiae
  • Annales

Dialogus de oratoribus

È un trattato sull’oratoria in 42 capitoli in forma di dialogo tra quattro interlocutori (Curiazio Materno, Marco Apro, Giulio Secondo, Vipstano Messalla), che prendono in esame l’eloquenza, confrontando in un primo momento la sua utilità in rapporto alla poesia e interrogandosi successivamente sulle cause della sua decadenza, legata dal loro punto di vista a tre fattori:

  1. l’insufficienza del sistema educativo a livello sia familiare sia scolastico, ormai non più valido come in precedenza
  2. l’impreparazione dei maestri, che preferiscono insegnare una retorica vacua e solo apparentemente grandiosa al posto dei contenuti oratori tradizionali
  3. il sistema assolutistico dell’impero, che con l’accentramento del potere nelle mani di un’unica persona ha limitato la libertà di parola

Tacito esprime poi per bocca di un personaggio il proprio punto di vista, riassumibile in due punti:

  • l’oratoria, per essere grande, ha bisogno che chi parla possa esprimersi senza vincoli, cosa che avveniva durante i ripetuti conflitti della repubblica, ma che non è più possibile all’interno dell’impero, motivo per cui è destinata a sparire
  • la perdita della libertà, d’altro canto, è il prezzo necessario da pagare per la pace che l’impero è in grado di garantire, per cui bisogna accettare questo compromesso con serenità e senza alcun rimpianto per i tempi antichi

Agricola

Si tratta di una biografia in 46 capitoli di Gneo Giulio Agricola, conquistatore della Britannia sotto Domiziano e suocero di Tacito, di cui viene celebrato il valore etico e militare secondo il modello della laudatio funebris (il discorso tenuto in onore di un defunto insigne).

Lo scopo è l’esaltazione della classe dirigente competente e onesta rispetto al potere corrotto, sempre più diffuso sotto Domiziano, imperatore spietato e crudele.

Il testo si caratterizza per le molte digressioni geografiche ed etnografiche sulla Britannia, terra lontana e misteriosa agli occhi dei Romani, dove in quel periodo si erano verificate numerose rivolte contro l’impero (è celebre il discorso del capo barbaro Calgaco contro Roma, che riassume la spietatezza del popolo romano nella frase ubi solitudinem faciunt, pacem appellant, cioè “chiamano pace dove fanno il deserto”).

Germania

È un’opera etnografica in 46 capitoli sulla Germania, divisa sostanzialmente in due parti, che si occupano rispettivamente di geografia, mitologia, istituzioni, religione e costumi del posto (prima parte) e delle varie tribù locali (seconda parte).

È l’unica testimonianza di letteratura etnografica rimasta, dato che le altre opere dello stesso genere non ci sono giunte, come ad esempio gli scritti di Seneca sull’India e sull’Egitto; è importante però sottolineare che le notizie sulla Germania non provengono da una visione diretta di Tacito, bensì da altre fonti, soprattutto i Bella Germaniae di Plinio il vecchio, che aveva prestato servizio lungo il Reno.

Il tema centrale dell’opera consiste nel confronto tra la purezza di una civiltà primordiale come quella germanica e la corruzione di Roma, che rischia di soccombere sotto lo spirito incontaminato dei nemici; i territori oltreconfine costituiscono quindi un problema per l’impero, ma allo stesso tempo possono rappresentare anche l’opportunità di un’ulteriore espansione politica, che l’imperatore Traiano stava per l’appunto cercando di portare avanti in quel periodo.

Historiae

Sono un trattato storico in 12 o forse 14 libri sull’epoca compresa tra il 68 d.C. (fine dell’impero di Nerone) e il 96 d.C. (morte di Domiziano).

Sono sopravvissuti solo i primi cinque libri, che contengono i seguenti avvenimenti:

  • Libro I = La narrazione si apre con il breve regno di Galba, che viene presto ucciso e sostituito da Otone, mentre contemporaneamente in Germania le legioni acclamano Vitellio (il 68 a.C. è il cosiddetto anno dei tre imperatori)
  • Libro II = Vitellio muove verso l’Italia e sconfigge a Cremona Otone, ma a questo punto irrompe sulla scena Vespasiano, sostenuto dalle regioni periferiche dell’impero
  • Libro III = Vespasiano si dirige a Roma e uccide Vitellio, totalmente immerso nei piaceri della capitale
  • Libro IV = La Gallia e la Germania si rivoltano, ma Vespasiano seda le ribellioni
  • Libro V = L’ultimo libro sopravvissuto contiene il racconto dell’assedio di Gerusalemme da parte di Tito, oltre a una digressione sul popolo giudaico e sui suoi costumi

Partendo dagli eventi descritti, Tacito tratta tre temi fondamentali che contraddistinguono la storia dell’impero di quegli anni:

  1. l’adozione, cioè la designazione di un erede al trono non più per via ereditaria, ma per scelta dell’imperatore; questa pratica si era resa necessaria a causa degli sconvolgimenti politici successivi alla morte di Nerone
  2. l’inattuabilità del mos maiorum, cioè la separazione tra i valori tradizionali e le decisioni politiche, sempre più orientate a controllare le forze militari senza un vero interesse per l’ordine pubblico
  3. il principato moderato come unica soluzione, cioè l’idea che solo un potere assoluto come quello imperiale sia in grado di garantire stabilità ai territori di Roma, purché l’imperatore agisca con saggezza e non con spietatezza 

Annales

Sono un trattato storico in 16 libri sugli eventi compresi tra il 14 d.C. (morte di Augusto) e il 68 d.C. (fine dell’impero di Nerone).

La data scelta come inizio ha fatto pensare che fossero stati concepiti come proseguimento dell’Ab Urbe condita, l’opera storica di Livio che partiva dalle origini di Roma e che si proponeva di arrivare alla morte di Augusto, interrompendosi però poco prima per via della morte dell’autore; ciò sarebbe confermato anche dal titolo degli Annales che ci hanno tramandato i manoscritti e che probabilmente era quello originale, cioè Ab excessu divi Augusti (“Dalla morte del divino Augusto”), molto simile a quello dell’opera liviana.

I libri superstiti riguardano i seguenti eventi:

  • Libri I-IV = La narrazione si apre con il principato di Tiberio, di cui vengono raccontati prima gli eventi che si verificano a Roma e poi quelli che hanno luogo fuori dalla città. A Roma vige un clima di terrore, dettato dal carattere sempre più chiuso e sospettoso di Tiberio; viene raccontata l’ascesa e la caduta in disgrazia del prefetto del pretorio Seiano, la condanna a morte di chiunque sia sospettato di attentare alla vita dell’imperatore e infine la morte di Tiberio. Fuori dalla città invece Germanico consegue alcuni successi militari in Germania, ma muore misteriosamente in Oriente. Vengono poi narrate alcune vicende minori.
  • Libri XI-XII = L’imperatore Claudio si rivela un inetto e dopo la morte della prima moglie Messalina viene manovrato sia dal potente liberto Narciso sia dalla seconda moglie Agrippina, che alla fine lo avvelena e mette sul trono il figlio Nerone, avuto da un matrimonio precedente.
  • Libro XIII – XVI = Il principato di Nerone inizia positivamente grazie all’influenza che esercitano su di lui la madre Agrippina, il filosofo Seneca e il prefetto del pretorio Burro. Tuttavia, l’imperatore, dedito unicamente ai giochi e agli spettacoli, decide di sbarazzarsi di chi potrebbe limitare la sua indipendenza. Riesce così a fare uccidere la madre e a nominare prefetto del pretorio Tigellino, dopo che Burro è morto in circostanze misteriose.; nel frattempo a Roma scoppia anche un terribile incendio, appiccato secondo molti da Nerone stesso, ma di cui vengono incolpati i Cristiani. Il malcontento dilaga e Gaio Pisone decide di organizzare una congiura, che viene però scoperta; vengono quindi costretti al suicidio numerosi personaggi di primo piano, tra cui Seneca, Petronio e Trasea Peto.

Gli Annales sono caratterizzati da un’atmosfera cupa e tetra, che riflette il pessimismo di Tacito per la fine della repubblica e l’inizio dell’impero.

La libertà individuale è stata pesantemente limitata rispetto a prima (viene usata l’espressione acriora ex eo vincla, cioè “da quel momento le limitazioni si fecero più dure”) e a ciò si aggiunge il clima di incertezza provocato dagli intrighi di corte, dell’incapacità degli imperatori, dallo strapotere dei liberti e dall’ingerenza delle donne più potenti negli affari politici.

Persino il suicidio di chi si oppone a questa situazione è giudicato negativamente da Tacito, che lo considera un’azione inutile e a volte addirittura puramente teatrale (ambitiosa mors).

Stile

Lo stile di Tacito si contraddistingue per:

  • una struttura del testo disarticolata (inconcinnitas) in contrasto con lo stile armonioso e ordinato del secolo precedente, tipico di Cicerone; fa eccezione il Dialogus de oratoribus, che si caratterizza invece per una sintassi ordinata e fluida.
  • il tono pessimistico per lo svilimento del Senato a vantaggio della corte imperiale; senza l’equilibrio tra senatori e imperatore è impossibile sperare in un potere che non degeneri in un regime crudele o instabile.
  • la creazione di veri e propri ritratti dei personaggi che vengono di volta in volta descritti, di cui Tacito tratteggia sapientemente la psicologia; il modello a cui l’autore si rifà per questa tecnica è Sallustio.